Cronaca dell’incontro “Silvio Benco. Uno sguardo internazionale oltre Trieste”

26 novembre 2025
Martedì 25 novembre, all’Antico Caffè San Marco, si è tenuta la conferenza “Silvio Benco. Uno sguardo internazionale oltre Trieste”, promossa dalla Società Internazionale di divulgazione Manlio Cecovini per gli studi storici, sociali ed etici. L’incontro, introdotto da Luca Manenti, ha visto gli interventi di Roberto Spazzali e Daniela Picamus, che hanno proposto due prospettive complementari sulla figura dello scrittore e intellettuale triestino. 

Spazzali ha aperto la serata concentrandosi su un aspetto meno noto dell’opera di Benco: il suo interesse per gli equilibri geopolitici globali a cavallo tra XIX e XX secolo. In un’epoca spesso ricordata come la “Belle Époque”, Benco colse invece i segnali di un mondo in rapido mutamento, segnato da una serie di crisi internazionali che spostavano il baricentro politico dall’Europa verso il Pacifico. La guerra russo-giapponese, il ruolo degli Stati Uniti nelle Filippine e la pace di Portsmouth mediata da Theodore Roosevelt gli apparivano come indizi di un nuovo ordine mondiale, in cui l’Europa avrebbe progressivamente perso il suo primato culturale e politico. Benco osservava questi eventi con sorprendente lungimiranza, interrogandosi sulle conseguenze della sconfitta russa, sulle aspirazioni imperialiste di Giappone e Stati Uniti e sulla fragilità di un continente che sembrava incapace di leggere le trasformazioni in atto. 

Lo sguardo di Benco sul mondo non era quello distaccato di un semplice cronista, ma quello di un intellettuale che percepiva la portata culturale delle grandi fratture storiche. Nelle sue riflessioni, la crisi del Pacifico e la nascita di nuovi imperialismi non erano soltanto eventi militari: rappresentavano una svolta antropologica, un incontro - e talvolta uno scontro - fra civiltà. L’idea stessa di pace, ancora affidata all’arbitrio dei singoli leader e priva di organismi sovranazionali, gli appariva come un tema cruciale per comprendere il mondo che si stava formando. La sua analisi, oggi sorprendentemente attuale, anticipava questioni che sarebbero esplose nella Prima guerra mondiale e poi definitivamente nel secondo conflitto mondiale. 

Nella seconda parte dell’incontro, Picamus ha riportato l’attenzione sul versante letterario della produzione di Benco, mettendo in luce la sua profonda curiosità per le letterature straniere e la sua competenza linguistica, maturata da autodidatta e coltivata nel corso di una vita intera. L’autrice ha ricostruito in particolare il suo rapporto con Goethe, al quale Benco dedicò una serie di traduzioni e numerosi articoli: dal Wilhelm Meister alle Affinità elettive, fino all’Egmont, pubblicato nel 1944. Attraverso la consultazione del Fondo Benco, Picamus ha evidenziato come queste traduzioni non fossero semplici esercizi linguistici ma vere e proprie interpretazioni critiche, accompagnate da note filologiche, ricostruzioni storiche e riflessioni sul rapporto tra testo originale e resa italiana. 

La ricostruzione delle vicende editoriali ha rivelato anche il fitto dialogo di Benco con figure decisive della germanistica italiana, come Giuseppe Antonio Borgese e Lavinia Mazzucchetti, e il modo in cui queste collaborazioni abbiano influenzato la pubblicazione delle sue traduzioni. In particolare, l’edizione dell’Egmont ha mostrato la complessità del rapporto con la Mazzucchetti che intervenne come curatrice e finì per modificare note e introduzione, lasciando emergere delicate dinamiche intellettuali ed editoriali. Nonostante ciò, l’impianto traduttivo di Benco rimase fedele alla sua idea di rigore: restituire la voce dell’autore senza forzature, con minimi interventi sulla punteggiatura e un’attenzione costante al ritmo e alla struttura del testo tedesco. 

Nel dialogo conclusivo si è riflettuto anche sul rapporto di Benco con la città di Trieste, sulla sua influenza culturale e sulla sua capacità di parlare a un pubblico ampio grazie alla pagina esteri del Piccolo della Sera, che per decenni mantenne un livello di analisi internazionale di prim’ordine. È emersa così la figura di un intellettuale capace di unire profondità locale e apertura globale, di leggere il mondo e di interpretarlo e che nel dopoguerra trovò una sintesi straordinaria nel volume In contemplazione del disordine, considerato da molti il suo vero testamento culturale. 

La conferenza ha restituito un’immagine di Benco ricca e sfaccettata: un autore che, pur legato alla sua città, seppe guardare oltre i confini geografici e culturali, anticipando temi e inquietudini che avrebbero segnato l’intero Novecento. Un’occasione preziosa per riscoprire un protagonista della storia intellettuale triestina e per comprendere meglio la complessità del suo sguardo sul mondo.

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