Oriana Fallaci, una donna senza fronzoli: riflessioni tra biografia, letteratura e militanza civile

16 aprile 2025
Martedì 15 aprile, all’Antico Caffè San Marco di Trieste, si è tenuto il quattordicesimo appuntamento della rassegna mensile promossa dall’Associazione culturale “Società Internazionale di divulgazione Manlio Cecovini per gli studi storici sociali ed etici”. Protagonista della serata è stata Oriana Fallaci. A raccontarla, Andrea Comisso – avvocato, formatore e scrittore – che ne ha dipinto il ritratto umano e letterario attraverso momenti biografici, analisi testuali, aneddoti e riflessioni personali.

Oriana Fallaci è emersa come una figura radicalmente libera, a tratti scomoda e non incasellabile in schemi precostituiti, animata da una tensione costante verso la verità e la giustizia, anche a costo della solitudine e dello scontro.

Dalla precoce esperienza come staffetta partigiana alla scelta di frequentare, da inviata per le maggiori testate nazionali, i teatri di guerra per raccontare il mondo da vicino, la vita della Fallaci è stata segnata da una coerenza inflessibile, dalla ricerca inesausta del vero. Non fu mai semplice portavoce di idee altrui, ma sempre coscienza critica, pure verso sé stessa.

Comisso ha ripercorso gli episodi più e meno noti della parabola esistenziale e dell’opera della scrittrice, dalla celebre Lettera a un bambino mai nato – frutto di un'esperienza personale e pubblicato ben quindici anni dopo la sua stesura – fino alla storia d’amore, grande e tragica, con Alekos Panagulis, narrata nel romanzo Un uomo.

La Fallaci fu anche anticipatrice di temi sociali e culturali centrali: il libro Il sesso inutile (1961), poco noto ma straordinariamente moderno, indagava già allora la condizione femminile con uno sguardo lucido, al di fuori degli steccati ideologici del femminismo militante.
La sua scrittura, ha sottolineato Comisso, era diretta, reiterativa, coinvolgente: parlava al lettore, lo sfidava. La sua prosa viva nasceva dalla necessità e da una visione della letteratura come forma di responsabilità morale. Un’attitudine che portò la giornalista, negli ultimi anni di vita, a scegliere la scrittura alla cura di un tumore, descritto in pagine memorabili con trasparenza disarmante.

Ampio spazio è stato dedicato anche alla sua complessa rete di relazioni, dai conflitti con intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Natalia Ginzburg, fino ai legami profondi con uomini che ispirarono i suoi personaggi – in primis il giovane Paolo Nespoli, che da quella liaison e dal trasferimento a New York trovò il coraggio di diventare astronauta.

A concludere la serata, una riflessione sul testamento letterario incompiuto, Un cappello pieno di ciliegie, un viaggio genealogico e familiare nella memoria, pubblicato postumo, che lascia aperta l’unica possibilità di un lieto fine tra i suoi scritti, dominati per lo più da toni tragici, realistici, profondamente umani.

L’appuntamento si è chiuso con un vivace scambio con il pubblico e un’ultima considerazione: la Fallaci, con tutti i suoi eccessi e le sue contraddizioni, ha costretto generazioni di lettori a pensare. A scegliere. A mettersi in discussione. E, come ha ricordato Comissoquando impari che "il metodo è più importante del risultato a cui arrivi, hai fatto una grande conquista".

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